La campagna vaccinale antinfluenzale per la stagione autunno-inverno 2024/2025, insieme a quella contro il COVID-19, è già in corso, seguendo le indicazioni ministeriali del piano di Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2024-2025 e della Circolare del Ministero della Salute n. 27825. Ma quando si parla di vaccini, non si può non parlare degli assistenti sanitari, professionisti in prima linea nella promozione della cultura della vaccinazione, sia sul territorio, sia negli ospedali. Il loro ruolo va oltre la somministrazione dei vaccini: sono coinvolti nella pianificazione e nell’organizzazione delle campagne, coordinando le attività nei vari punti di vaccinazione, dagli ambulatori territoriali agli ospedali, dai mezzi mobili alle RSA, per rendere l’accesso alla prevenzione più semplice e diffuso
Le vaccinazioni sono gratuite e puntano a garantire una maggiore copertura e protezione, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione. Una novità di quest’anno riguarda il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025, approvato in Conferenza Stato-Regioni lo scorso agosto, che introduce un Calendario vaccinale separato, facilmente aggiornabile per rispondere a futuri scenari epidemiologici, nuove evidenze scientifiche e innovazioni biomediche, come l’introduzione di nuovi vaccini. Oltre ai vaccini antinfluenzali e contro il COVID-19, quest’anno l’immunizzazione comprende anche vaccini contro malattie rilevanti come pneumococco, herpes zoster e il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV) per garantire una protezione più ampia e mirata per la salute pubblica.
Ne parliamo con Maria Cavallo, Presidente della Commissione di albo nazionale degli assistenti sanitari (FNO TSRM e PSTRP) che risponde alle domande di TrendSanità.
Qual è il ruolo degli assistenti sanitari nelle campagne vaccinali? Cosa fanno nello specifico e quali competenze sono richieste?
«Nelle campagne vaccinali gli assistenti sanitari svolgono tutte le attività necessarie all’offerta dei Piani vaccinali durante l’anno, la variabile è il tempo. Una campagna vaccinale in un limitato periodo di tempo deve riuscire a raggiungere il massimo della copertura nella popolazione prescelta. Sono professionisti che svolgono ruoli di pianificazione, organizzazione, gestione delle macro attività (definizione fabbisogni di prodotti, identificazione e allestimento setting operativi, comunicazione interna ed esterna), ma anche operativi e diretti nella pratica vaccinale (comunicazioni ai target, counseling, anamnesi pre-vaccinale, esecuzione, registrazione, sorveglianza post-vaccinale)».
«Le competenze richieste includono una solida conoscenza della profilassi vaccinale, delle tecniche di comunicazione efficace per promuovere la salute e conoscenza delle dinamiche sociali del territorio che possono influenzare l’adesione alle campagne, fanno già parte della preparazione universitaria base dei professionisti, possono tuttavia essere implementate attraverso master, corsi di alta formazione, corsi di approfondimento specifico della vaccinologia» spiega ancora Cavallo.
Perché è importante vaccinarsi per l’influenza?
«Perché da un paio di secoli la pratica della vaccinazione rappresenta uno dei tre strumenti di prevenzione delle malattie infettive più efficaci nella storia dell’uomo, insieme all’acqua potabile e al lavaggio delle mani. Domani, e in parte già oggi, sarà lo strumento principale di prevenzione anche di molte malattie cronico-degenerative. Vaccinarsi contro l’influenza è importante: riduce il rischio di contrarre l’influenza stagionale e le sue complicanze, che possono essere gravi, soprattutto in soggetti vulnerabili come anziani, infanti e persone con patologie croniche. La vaccinazione antinfluenzale diminuisce il tasso di ospedalizzazione e di decessi correlati all’influenza, proteggendo indirettamente anche chi non può sottoporsi a profilassi vaccinale, poiché limita la circolazione del virus nella comunità».
Nell’ultima stagione influenzale (2023-24) si è vaccinata poco più di una persona su due della popolazione target. Perché si vaccinano ancora in pochi?
«Il calo ha coinciso con la fine del periodo pandemico per COVID-19, dopo una grande campagna nazionale di vaccinazione, sospinta in modo molto direttivo, era prevedibile attendersi un momento di “rigetto”. Tuttavia, con un’efficace comunicazione e il mantenimento della relazione di fiducia, gli operatori della salute possono contribuire a un’inversione di tendenza. In alcune aree, l’accesso alla vaccinazione può essere limitato, l’assenza di campagne di sensibilizzazione mirate e di un’adeguata comunicazione del rischio da parte dei professionisti sanitari. Occorrono perseveranza, competenza e credibilità professionale. Inoltre, le ragioni della bassa adesione alla vaccinazione antinfluenzale possono essere molteplici: dalla scarsa percezione del rischio (molte persone sottovalutano la gravità dell’influenza considerandola una malattia lieve) alla disinformazione, alla sfiducia nei vaccini, spesso alimentate da false notizie e difficoltà logistiche».
Ecco una delle distorsioni informative più frequenti: se si fa il vaccino antinfluenzale ma si prende comunque l’influenza, vuol dire che il vaccino non funziona…
«Nessun vaccino garantisce la protezione efficace al 100%. I vaccini più immunogeni (ad esempio difterite e tetano) si avvicinano al 95%. Inoltre, esistono diverse variabili come l’efficienza del sistema immunitario della persona e il periodo di salute che sta vivendo, fino ad arrivare alle variabili di assorbimento dell’antigene vaccinale. Occorre considerare il tutto sull’efficacia di massa, se si riesce a immunizzare efficacemente anche solo il 60% di una popolazione si realizza comunque un effetto “protezione di gregge” o herd immunity. In particolare, per il vaccino antinfluenzale, accade che, nonostante la vaccinazione, il soggetto si possa ammalare di influenza. Questo non significa che il vaccino non funzioni. Il vaccino antinfluenzale riduce il rischio di contrarre l’influenza, ma non elimina completamente il rischio di essere infettati dal virus».
«In alcuni casi il vaccino, infatti, può non evitare del tutto la malattia, ma è in grado si prevenirne le complicanze riducendo sensibilmente la gravità del quadro clinico. È importante ricordare che il vaccino protegge dalle varianti più comuni del virus influenzale previste per la specifica stagione, ma non può coprire ogni possibile ceppo in circolazione» precisa la Presidente.
A chi è raccomandata la vaccinazione?
«Secondo la circolare del Ministero della Salute “Prevenzione e Controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2024–2025”, la vaccinazione antinfluenzale è raccomandata in particolare: a persone di età pari o superiore ai 60 anni, bambini a partire da 7 anni di vita e adulti con patologie croniche non trasmissibili (respiratorie, cardiache, renali, diabete, ecc.) e ai loro caregiver e o familiari, bambini nella fascia di età 6 mesi – 6 anni compresi, donne in un qualsiasi trimestre di gravidanza (serve a proteggere sia la madre che il bambino), operatori sanitari e personale che lavora a contatto con soggetti a rischio, residenti in strutture di lungodegenza, persone che lavorano in settori essenziali o con esposizione elevata al pubblico. Il vaccino antinfluenzale è comunque indicato per tutti i soggetti che desiderino evitare la malattia influenzale e che non abbiano specifiche controindicazioni, è necessario consultare il proprio medico di fiducia».
Perché è diffusa la convinzione che le competenze dell’infermiere siano interscambiabili con quelle dell’assistente sanitario nel campo vaccinale?
«Questa convinzione può derivare da una scarsa comprensione dei ruoli specifici delle singole professioni. Perché prevalentemente si vede l’atto della somministrazione, della inoculazione, ma a monte c’è una complessa gestione e preparazione di numerosi aspetti, il ruolo centrale di una corretta comunicazione, e il post-esecuzione non è meno rilevante, per esempio nella segnalazione dei (rari) eventi avversi. L’assistente sanitario nel percorso formativo universitario si specializza su tutti gli aspetti della vaccinologia, un cardine delle attività di prevenzione, altre professioni l’affrontano in modo limitato perché il loro “core professional” è diverso e necessitano di una formazione supplementare. Inoltre, gli assistenti sanitari hanno una formazione mirata alla prevenzione, promozione e educazione alla salute pubblica. Sono inoltre esperti nel pianificare e coordinare insieme ai medici e altri professionisti interventi di sanità pubblica e formati per migliorare l’adesione alle vaccinazioni attraverso la comunicazione attiva. Gli infermieri, invece, sono maggiormente focalizzati sugli aspetti clinici e di assistenza diretta alla persona assistita» conclude Cavallo.